Discussione: Fanfiction: "The Wind"
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Vecchio 15-07-2006, 11:29
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Predefinito Re: Fanfiction: "The Wind"

*The Wind*


***
Kago no tori
cho wo urayamu
metsuki kana.

L'uccello in gabbia,
osserva, invidioso,
la farfalla.
(Issa, Haiku)

***

Capitolo 4


"Naturalmente, non mi rassegnerei mai alla sconfitta…” Sesshomaru si era avvicinato con fare imponente e deciso, dando alle sue parole un'inclinazione orgogliosa, come se si fosse trattato del suo stile di vita, e forse era proprio così. La Domatrice portò altrove lo sguardo.

"... anche se fosse chiaro che si tratta di una battaglia persa in partenza?"

"Non si può mai essere sicuri di una cosa del genere."

"Certo che si può essere consapevoli della propria debolezza..."

"Ma potrebbe accadere qualsiasi cosa." La voce dell'uomo risuonava ancora più convinta,e Kagura, udendo quelle parole, si voltò di scatto con gli occhi colmi di rabbia: perchè gli stava dando false speranze? Era proprio l'ultima cosa di cui aveva bisogno! Con quelle parole, sembrava quasi possibile un miracolo, per esempio la morte improvvisa di Naraku o il tradimento -decisamente poco probabile- di Kanna. Così lui le stava dicendo che avrebbe vinto, anche se non era vero., ma perchè in qualche modo la incoraggiava?

"Non è vero!" gridò confusa, dimenticandosi che Rin e Jaken dormivano proprio lì vicino, e facendo prendere il volo ad alcuni uccelli, con un veloce frullio di ali "Non è vero che la situazione si ribalterà, non è vero che anche il più debole può vincere: questi sono sogni, fantasie, cose che si dicono tanto per dire, ma la realtà è un'altra! Qui si tratta di vita vera!"
Sesshomaru, con la coda nell'occhio e l'aria contrariata, si assicurò che la voce squillante della donna non avesse destato la bambina, poi si rivolse nuovamente a lei, stavolta con un tono gelido e uno sguardo duro:

"E tu cosa ne sai della vita vera?" disse con una lentezza quasi esasperante, forse addirittura crudele. Kagura strinse forte le labbra.
Che ironia della sorte.
Proprio un uomo così freddo e distaccato doveva dirle che non sapeva un accidenti dell'esistenza?
Ed era drammaticamente vero.
Ma faceva male sentirlo.

"Non mi risulta che tu sia particolarmente esperta" continuò lui "Se hai così tanta paura, allora non vale neanche la pena iniziare a combattere."

Ecco. L'aveva detto.
Le aveva detto che era solo una vigliacca, che non aveva il coraggio delle proprie azioni e che non meritava altro che la sconfitta.
Tutte cose sottintese che lei si era detta ormai più volte da sola, ma che la reticenza del demone cane rendeva ancora più taglienti. Quelle parole e quei pensieri la stavano colpendo come lame affilate e lei ristava lì, inerme, a sanguinare.
Poi di nuovo la sua voce, più morbida:

"Kagura..."

Lo fissò negli occhi con uno sguardo sgomento: era la prima volta che il suo nome, pronunciato da qualcun altro, le sembrava così bello e musicale.

"Cosa stai facendo?"

Gli interessava veramente saperlo o lo diceva perchè gli faceva pena? I suoi occhi non erano più glaciali come prima e la scrutavano con attenzione, ma anche con una parvenza di gentilezza.

"Che domanda è?" farfugliò lei piano "Cerco di ottenere la mia libertà, naturalmente..."

"Beh, in questo momento mi sembri decisamente libera."

Kagura sorrise lievemente:

"Già, questa era anche la mia impressione, ma è un'illusione. Il mio cuore è ancora in mano a Naraku, e non ho modo di riaverlo indietro."

Sesshomaru tornò silenziosamente a sedersi appoggiato al tronco dell'albero:

"In qualsiasi modo la metti, io ho sempre l'impressione che tu abbia vinto."



Per quanto tempo era rimasta a terra, ferita?
La paura la incatenava a quel castello e la sua vergogna le infliggeva infiniti colpi che la rendevano sempre più debole e sanguinante, in attesa che qualcuno venisse a porgerle una mano e a tirarla su.
Ma non aveva senso aspettare, forse, se ci avesse seriamente provato, si sarebbe alzata benissimo da sola. E lo aveva fatto veramente, quella sera, raccogliendo tutto il suo coraggio. E poi era ricrollata, spaventata dalle conseguenze a tal punto da non essersi resa conto di aver già raggiunto il traguardo.
Aveva smarrito il suo obbiettivo nel terrore di perdere tutto il resto, ma alla fin fine, aveva ragione quel dannato demone cane: lei non aveva niente da perdere.
La vita non sapeva ancora cosa fosse, per quanto poco l'aveva vissuta, quindi perchè era così spaventata da un fantasma?
Libertà significa non avere paura?
Se è così, allora lei non l'avrebbe mai raggiunta, continuando a scappare.


"Ti spiace se rimango con voi ancora per un po'?"


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