Discussione: Never Ending Banquet
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Vecchio 19-06-2006, 21:46
Tohru Honda Tohru Honda non è connesso
Angelo
 
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Predefinito Re: Never Ending Banquet

Kyo borbottò qualcosa, ma non reagì, probabilmente perché preoccupato di urtare Tohru, che era ancora aggrappata a lui. Sospirò rumorosamente, volgendo lo sguardo verso di lei –Ok, meglio che ti sdrai sul divano.- disse, per poi stringerla più forte a sé, e condurla lentamente verso il salone.
Lei sorrise, guardandolo senza che lui se ne accorgesse; nonostante trovasse tutte quelle attenzioni esagerate, doveva ammettere che le faceva piacere vedere il marito così affettuoso, con lei. Come sempre, d’altro canto.
-Mh?- fece lui, quando, poco dopo aver oltrepassato la soglia del salotto, notò gli sguardi che Tohru gli rivolgeva –Che c’è?- le chiese, perplesso.
Le scosse la testa, lentamente –Niente.- rispose, continuando a sorridere.
Lui alzò le sopracciglia –Se questo è un modo per criticare il mio modo di fare, non attacca.- ribat –Non so come la pensi tu, ma io vorrei evitare di vederti cadere dalle scale, nel tentativo di recuperare un orsacchiotto rosa…-
-Non stavo cade…- iniziò Tohru, prontamente interrotta da Kyo.
-Si che stavi cadendo!- rispose lui, alzando il tono di voce, con un’espressione d’orrore dipinta sul volto –Ci mancava tanto così….-
S’interruppe, poiché arrivato in prossimità del divano. Sempre tenendola per la vita, fece in modo che la moglie vi si sdraiasse, allontanandosi quel tanto che bastava per permetterle di sistemarsi, comodamente seduta. Poi si guardò intorno, come in cerca di qualcosa.
-Bene…che vuoi fare? Vuoi che ti porti qualcosa da leggere, che accenda la tv…vuoi telefonare a qualcuno?- chiese, facendo un rapido elenco mentale di ciò che poteva suggerirle per passare il tempo.
Lei sospirò –Mi sento inutile, se mi dici così…-
Quello era l’aspetto negativo delle premure che Kyo dimostrava di avere nei suoi riguardi.
Avrebbe voluto finire di preparare la stanza per la bambina, ad esempio; ma presentare al micio una simile richiesta era improponibile, considerando che lui non le permetteva nemmeno di fare da sola la strada dalla camera di Shinji al divano.
Kyo volse lo sguardo verso di lei, con un’espressione seria dipinta sul viso. Poi, senza dire una parola, si chinò accanto al divano, per poterla guardare negli occhi.
-Tu…non sei inutile.- disse, in tono fermo. Allungò lentamente una mano verso il viso di lei, prendendole una ciocca di capelli fra le dita. –Hai in grembo la mia bambina.- fece una breve pausa, durante la quale prese a giocherellare con i capelli della moglie - Ti chiedo solo…di non fare cose avventate. Lo so che, forse, esagero, ma sono io…che mi sento inutile.-
Si sentiva inutile, perché lei stava sempre male, e lui non poteva farci nulla.
Ricordava di essersi sentito allo stesso modo, sette anni prima. Inutile, quasi di peso.
Poteva solo preoccuparsi.
Lei lo fissò, riservandogli uno sguardo a metà fra il perplesso e il commosso; poi gli si avvicinò, sussurrandogli all’orecchio –Potresti occuparti della stanza della bambina…potrebbe farti sentire a dir poco indispensabile.- disse, ridacchiando.
Sapeva bene quanto il marito fosse contrariato all’idea di fare di quella camera una specie di sacchetto per confetti; ma lei voleva davvero che sua figlia avesse l’impressione di trovarsi su una nuvola, quando si sarebbe trovata lì a giocare.
Kyo deglutì silenziosamente –Beh…io non ho il tuo stesso estro, per queste cose…- cominciò, titubante, senza rendersi conto che Tohru lo stava prendendo in giro -…ma, se ti fidi…va bene, ci penso io.-
A questo punto, entrambi sentirono una forte risata, proveniente dall’ingresso del salotto.
Era Shinji.
-Papà…che decora la stanza?!? Mamma, se vuoi, faccio io…non puoi lasciare che quello stupido gatto la trasformi nella cantina degli orrori!- esclamò, tra un risolino e l’altro.
La strage imminente venne interrotta sul nascere dallo squillo del campanello.
-Vado io!- disse Shinji, saltellando velocemente verso la porta, zaino rosso sulle spalle; pensò che, forse, sarebbe stato meglio non proporsi per un simile compito, non appena, dopo aver girato la maniglia del pesante uscio in legno, un uragano sembrò travolgerlo, tutt’ad un tratto.
-Shinji-kun! Non hai idea di cosa mi è arrivato smattina, per posta!- disse una vocetta acuta, entrando in casa.
Era Rui. Un bambino dai capelli castani, un viso paffutello, un’espressione simpatica. Come diceva Tohru, uno di quei bimbi che ti fanno venire voglia di mangiarli di baci.
Dietro di lui, fece il suo ingresso un uomo alto, composto, vestito di blu; in mano, aveva un grande mazzo di fiori. Quando questi vide Shinji accortocciato in un angolo dell’ingresso, semi-tramortito per la botta appena subita, si fece subito avanti, per aiutarlo ad alzarsi –Shinji! Che ti è successo?- chiese, prendendolo per le spalle e rimettendolo in sesto.
Il bambino si diede una rapida aggiustata al maglioncino giallo paglia che indossava, per poi rivolgersi all’uomo –Niente, zio Yuki…sono…scivolato.- rispose, lanciando uno sguardo irritato a Rui, che lo stava osservando, ridacchiando il più silenziosamente possibile.
Si, perché Shinji era davvero buffo.
Era davvero buffo vederlo affannarsi così tanto per essere sempre educato e in ordine, quando entrambi sapevano benissimo come avrebbe voluto rompergli la testa con un pugno.
-Shinji, tutto bene?- chiese Tohru, allarmata, dal divano.
Era lei, il motivo. Il suo amico non ne parlava, ma Rui lo sapeva.
-Non preoccuparti, è fatto di gomma…- ribat Kyo, ironico.
Rui rise ancora più forte, mentre Shinji si chiedeva cosa ci fosse di così divertente, nel vederlo preso in giro. E, in ogni caso, non era educato ridere in modo così sguaiato.
Era fastidioso.
Yuki si volse verso la direzione da cui aveva sentito provenire la voce di Tohru, e la vide sdraiata sul divano. Almeno una cosa giusta, allora, Kyo la faceva, visto che permetteva alla moglie di riposarsi, impedendole di caricarsi di preoccupazioni.
-Tohru!- esclamò, andandole incontro. Quando le fu davanti, non perse tempo e le consegnò i fiori –Prego.- disse, semplicemente, ignorando gli sguardi inceneritori che sapeva provenire da Kyo.
Per certi versi…per molti versi…il suo vecchio rivale era rimasto ancora un bambino. Ma Tohru era felice; lui non poteva far altro che essere contento per lei…davvero, contento.
C’erano stati dei momenti, anni prima, in cui aveva temuto che non avrebbe più avuto la possibilità di vederla sorridere. Aveva avuto paura, terribilmente; perché se i suoi timori si fossero avverati, tante cose, per lui, non avrebbero più avuto senso. Tutto sarebbe crollato, come un castello di carte.
Ma lei era lì, serena, che gli sorrideva imbarazzata. E ogni cosa sembrava sorridere con lei.
-Oh…non…non ce n’era assolutamente bisogno, non dovevi…- disse Tohru, sorpresa –Sono…bellissimi, ti ringrazio…-
-Perché non li compra per sua moglie, mi chiedo…- mugugnò Kyo, cercando di non farsi sentire. Lo irritava, quel modo di fare. Lo irritava, anche se sapeva di comportarsi da immaturo.
Perché, per tanto tempo, l’aveva visto come un ragazzo di cui Tohru avrebbe potuto innamorarsi; perché, per un attimo, Yuki le era stato più vicino di quanto lui potesse esserlo; perché c’era qualcosa, fra loro, in cui sentiva che non avrebbe mai potuto intrommettersi.
Qualcosa legato al suo vecchio cappellino rosso.
Era così, lo sapeva. E lo aveva accettato. Ma non gli piaceva…avrebbe cancellato tutto, di loro due insieme, se avesse potuto; strappato ogni pagina, bruciato ogni immagine. Perché a volte faceva male.
Yuki lo ignorò. Non aveva voglia di mettersi a discutere, non in quel momento, davanti a Tohru e ai bambini.
Finse di non essere rimasto scosso.
-E’ un piacere.- disse, sorridendo alla donna.
Shinji e Rui si avvicinarono al divano, e il topolino guardò Yuki con circospezione. Lui gli piaceva; era sempre gentile con la sua mamma, sempre premuroso. A volte, però…vedeva suo padre guardarlo in modo troppo strano…così strano, che temeva di essersi abituato anche lui, a “sospettare” qualcosa, quando incontrava lo zio. Non sapeva bene che cosa, sapeva solo di essere in ansia, ogni volta che si trovava accanto a lui.
Come se fosse colpa di un fattore genetico, che lo costringeva a provare le stesse sensazioni del proprio padre.
O, forse, la colpa era di quella maledizione, che si era spostata.
Il topo. Prima Yuki, adesso lui.
Chi la spezza, rompe il legame con l’animale da cui era maledetto.
E se adesso, lui, in quanto topo, stesse respingendo colui che lo era stato? Era questa la ragione?
Sperava di si. Perché non poteva credere di odiarlo.
Non poteva credere di avercela con quell’uomo, perché si era liberato scaricando quel peso su di lui.
Sarebbe stato troppo orribile.
Quindi, non era così. Non era assolutamente così.
-Mamma…- disse, chinandosi a darle un bacio sulla guancia –Io vado. A più tardi!- poi si voltò verso suo padre –A dopo, stupido gatto!-
Yuki ridacchiò, e la cosa non sfuggì a Kyo.
-Vuoi dirmi qualcosa?- chiese, accigliato, mentre sentiva che il proprio autocontrollo aveva già fatto le valigie e si stava preparando a lasciarlo. Era un tipo molto vivace, che amava viaggiare.
L’altro ricambiò lo sguardo con fermezza –Proprio no.- rispose. Prima di prendere per mano Rui, riservò un ultimo sguardo a Tohru, che stava salutando il figlio.
Era bella. Era davvero bella.
Per lui, che aveva trovato in lei quella figura materna che gli era sempre mancata, il vederla prendersi cura del suo bambino la rendeva ancora più meravigliosa. Un’immagine incredibilmente dolce.
-Bene, allora ti riporto Shinji, appena finisce con la scuola. Ci vediamo!- disse.
-Ciao, zia Tohru!- esclaò Rui, mentre il padre lo conduceva verso l’uscita.
E aspetta, aspetta…
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